Claudia Chellini | ||
PRESENTAZIONE DELLA FAVOLA IL RE PORCO | ||
Una vecchia si vendica del rifiuto di una regina incinta e la maledice: il futuro sovrano non sarà un bimbo, ma un porcellino. Prende avvio così la fiaba Il Re porco, raccolta a Firenze da Vittorio Imbriani, un intellettuale napoletano che si occupò di cultura popolare, di politica, di letteratura. Imbriani, durante un soggiorno fiorentino, stenografò personalmente favole che ascoltava da narratori e narratrici analfabeti, con un rispetto per la tradizione popolare che ne ha preservato la freschezza e lo spessore. Pubblicò così nel 1871 La Novellaja fiorentina (di cui fa parte Il Re Porco). Ma torniamo a Re Porco.Come nella fiaba del tipo La bella e la bestia, l’umanizzazione del principe animale potrà avvenire solo quando una sposa affronterà le prove necessarie. Nella nostra favola, prima di Ginevra, il Re Porco ha sposato e ucciso due fanciulle: rappresentano due fallimenti che precedono e preparano l’entrata in scena di Ginevra stessa. L’uccisione avviene come per magia, con un ago calamitato, oggetto misterioso forse anche per la narratrice, che nominandolo per la seconda volta dice: «Prende l’istess’ago, cos’era?». La prova di Ginevra è una delle più lunghe e dure fra quelle delle fiabe: deve consumare sette paia di scarpe di ferro, sette mazze e sette vestiti di ferro, e deve riempire sette fiaschettini di lacrime. A una disgrazia che dipende dal femminile materno corrisponde una riparazione effettuata dal femminile della sposa. Intendiamo la fiaba nel suo significato non letterale, un significato simile a quello del sogno notturno, delle fantasie a occhi aperti e di tanti film contemporanei. E anche qui, come in tutte le fiabe, si procede da una condizione disumana, o da un rischio mortale, legati alla famiglia d’origine, sperando di raggiungere il momento della piena autonomia e della fine della solitudine, ascendendo al trono e diventando re e regina. La complessità e la difficoltà della vicenda sono da intendere in questa fiaba come l’arduo lavoro di elaborazione del lutto da parte della protagonista femminile, e come la difficile umanizzazione del protagonista maschile. Si incontreranno figure femminili che disseminano ostacoli - la vecchia mendicante, la regina madre, le prime due spose, l’usurpatrice, figure femminili che, quegli ostacoli, li rimuovono o li superano – Ginevra e le vecchiette che donano la nocciola e la mandorla magiche. In questa fiaba non esiste il re padre, non viene neppure nominato: come nella vita, questa mancanza è un ostacolo quasi insormontabile per la crescita e l’umanizzazione del protagonista maschile. Ma le fiabe mettono in scena ostacoli insormontabili per raccontare come si possa sempre cercare una via per superarli. E se escono tesori, le galanterie, dai doni ricevuti lungo il cammino, bisogna sacrificarli senza esitazione, anche se niente ci garantisce il successo. Ma cosa sono le galanterie? Tra il 2006 e il 2007 a Palazzo Pitti si è potuto vedere quel che resta della straordinaria collezione di galanterie di Anna Maria Luisa dei Medici, che da Düsseldorf le portò a Firenze, quando nel 1716 rimase vedova dell’Elettore Palatino. Si tratta di oggetti preziosi, realizzati con raffinatezza e materiali pregiati, talora veri e propri gioielli; oggetti che accrescono la loro magia nelle fiabe, dove escono da una noce e saltano autonomamente. Chiudiamo questa breve introduzione con le parole di Giosuè Carducci che potrebbe essere stato ispirato proprio dalla fiaba di Re Porco in un famoso brano dell’ode Davanti San Guido (1874): O nonna, o nonna! deh com'era bella Quand'ero bimbo! ditemela ancor, Ditela a quest'uom savio la novella Di lei che cerca il suo perduto amor! — Sette paia di scarpe ho consumate Di tutto ferro per te ritrovare: Sette verghe di ferro ho logorate Per appoggiarmi nel fatale andare: Sette fiasche di lacrime ho colmate, Sette lunghi anni, di lacrime amare: Tu dormi a le mie grida disperate, E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. |