Storia di una botteghina artigiana per fiabe digitali
Prima puntata
C'erano una volta i narratori, e ha senso pensare che le fiabe siano nate grazie alla loro voce prima, molto prima che venissero registrate nei manoscritti. Poi sono venuti i libri, il primo che contiene delle fiabe è veneziano, del XVI secolo, mentre il primo libro tutto di fiabe è napoletano, del XVII secolo.
Le fiabe stampate nascono quindi in Italia, dove anche la tradizione orale ha una varietà e una ricchezza forse ineguagliate, attestata dalle raccolte dei demologi che hanno cercato, registrato, talora stenografandole, le fiabe dalla viva voce di narratori popolari spesso analfabeti. E' il lavoro dei demologi che hanno operato in tutte le regioni italiane fra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX dai quali Italo Calvino ha tratto la sua grande raccolta Fiabe italiane.
Nell'Ottocento l'illustrazione delle fiabe nei libri per bambini ha smesso di essere un abbellimento del testo per diventare una vera e propria narrazione per immagini: i libri illustrati da Walter Crane o da Arthur Rackham sono le loro raccolte, non solo perché erano artisti più famosi di chi scriveva i testi. Si può dire che il rapporto fra testo scritto e immagine si sia così ribaltato:
il testo occupa in certi libri di Crane una sezione dell'immagine a piena pagina, e ha la funzione di rendere comprensibile la trama e della fiaba narrata per figure.
Poi è venuto il cinema, che ha manifestato fin dalle sue prime realizzazioni un particolare legame con la fiaba: Cendrillon di Méliés (1899) è la prima versione cinematografica di Cenerentola e uno dei primi film. Ancora un primato per Cenerentola: fra i capostipiti dei film d'animazione figura Aschenputtel di Lotte Reiniger (1922), dal quale trarrà ispirazione Walt Disney per la sua Cinderella (1950).
Il film d'animazione, da Disney alle anime giapponesi, porta a un primato delle immagini nel mondo delle narrazioni, superiore a quello contemporaneo dei fumetti e delle graphic novel. Per chi si occupa di fiabe un particolare interesse va alle fiabe epiche dei colossal visti e amati in tutto il mondo: la saga di Guerre stellari (dal 1977 a oggi e continua), Il signore degli anelli (2001-2003), Avatar (2009), Capitan Harlock (2013)...
Il libro sembra perdere attrattiva e importanza, e questo declino sembra irrimediabile con l'avvento dei tablet e degli smartphone, che consentono una fruizione ricca ed estesa di storie di ogni genere. Il libro perderà la sua nobiltà di carta stampata, per essere soppiantato da tabtale e e-book? Stiamo andando verso un imbarbarimento del gusto e della cultura, come affermano tanti esperti e intellettuali? Questa circolazione caotica, consumistica, incontrollata, o, peggio ancora, pilotata da un Grande Fratello, implica un imbarbarimento collettivo, una decadenza del gusto e della cultura?
Queste lamentazioni e previsioni apocalittiche potrebbero corrispondere alle lamentazioni degli amanuensi per l'avvento della stampa: come pensare che i nuovi libri, soppiantando i codici miniati, dai capolettera dorati e istoriati, non implicassero una perdita? Ma, aggiungiamo, come dimenticare che l'avvento della stampa ha aperto l'accesso alla cultura per un numero di persone inimmaginabile quando un libro costava un patrimonio?
A noi di Fairitaly ONLUS piace ricordarlo, e ci sembra che i mezzi digitali estendano la fruibilità della cultura in una proporzione ancora maggiore dell'avvento della stampa. Ci sembra che se Diderot e D'Alembert potessero rivivere ai nostri giorni sarebbero certi che è finalmente venuto il tempo di realizzare concretamente l'Encyclopedie - neologismo formato dalle parole greche èn-kyklos-paidèia, ovvero sapere che circola senza ostacoli, istruzione o educazione circolare.
Ci pare anche che il lavoro degli intellettuali sia poco attento alle tecniche digitali e alle loro potenzialità di diffusione della cultura e della bellezza perché questi nuovi mezzi, virtualmente democratici, sovvertono - ha già sovvertito - le strutture gerarchiche che ordinavano i detentori del sapere. Potrebbe essere una questione di potere, di perdita di potere dei signori della cultura, accademici, caposcuola, saggisti, insegnanti in genere. Chi non riconosce il potenziale del mezzo non può vedere come consenta a uno studioso o a uno studente, anche estranei alle istituzioni culturali consolidate, di accedere quasi gratuitamente a biblioteche virtuali che per dimensioni fanno già impallidire le Biblioteche più grandi del mondo.
Da parte nostra, per l'amore che portiamo alle fiabe, alle quali dedichiamo da decenni tanta parte del nostro studio e della nostra ricerca, abbiamo visto nelle piattaforme digitali, dal pc al tablet, dallo smartphone ai diversi lettori di e-book, la possibilità di rendere accessibili a tutti i bambini, di qualunque età, le fiabe più belle del mondo, sia le più famose sia altre meno note ma altrettanto affascinanti e pregnanti. Ci ha ispirato pensare che gratuitamente o a prezzi irrisori, rispetto al costo di un bel libro cartaceo illustrato, si potessero proporre libri digitali che contengano animazioni, movimenti di immagini, musica, voci narranti.
Abbiamo cominciato a lavorare e non ci siamo ancora fermate, anche se per il momento la diffusione dell'unica tabtale che abbiamo proposto sull'Appstore ha una consistenza esigua - Gatta Cenerentola in un anno conta quattrocentoventi download circa.
Ma è bella, e alla Children's Book Fair di Bologna del 2013 siamo state applaudite: ci hanno lusingate gli applausi del pubblico che occupava tutte le sedie e si assiepava nel corridoio del Digital Cafè mano a mano che parlavamo e facevamo scorrere le immagini. Ci piace ricordare che abbiamo rivenuto i complimenti di Liam, uno dei maggiori produttori di app degli US, che gestiva il Digital cafè. E i cinquanta download della nostra Gatta Cenerentola, che nei primi mesi era a pagamento, ci avevano fatto sperare in un maggiore successo di pubblico. Ci hanno confortato gli apprezzamenti sinceri di esperti di letteratura per l'infanzia come Marco Dallari, l'interesse di giornalisti e addetti ai lavori, e anche se poi solo qualche centinaio di persone ha scaricato la nostra prima app, ci piace sapere che il nostro lavoro è stato visto e, speriamo, fruito con piacere, in Australia, Cina, Giappone, insomma, in tutto il mondo.
Si deve sapere che abbiamo cominciato a costruire l'app di Cenerentola nel gennaio 2013, e l'abbiamo presentata, già disponibile nell'Appstore, nel marzo dello stesso anno a Bologna. Vogliamo raccontare che né io che scrivo, né Claudia con la quale l'abbiamo progettata e realizzata sapevamo nulla dell'i-Pad - ne ho comprato uno perché era indispensabile per 'vedere' via via il lavoro. Vogliamo che si sappia che fino a quel momento non avevamo mai realizzato un'animazione né un oggetto multimediale, che non conoscevamo quasi per nulla strumenti avanzati per la gestione delle immagini, con comprensibile scandalo dei grafici quando confessavamo candidamente di aver fatto quasi tutto con programmi rudimentali. Al Digital Cafè della Fiera di Bologna ci hanno chiesto a quale azienda informatica ci eravamo appoggiate, e abbiamo sorriso pensando che tutto il lavoro di sviluppo l'aveva fatto l'amico Gabriele, studente di ingegneria informatica e socio di Fairitaly ONLUS.
Ci siamo avvalse di una vera attrice e di un attento musicista, che hanno messo a disposizione la loro competenze per un compenso simbolico, grazie al clima amichevole che circondava il nostro progetto, modesto e ambizioso a un tempo. Tutto è andato bene, Gatta Cenerentola è ancora scaricabile, probabilmente ne faremo una seconda versione, più agile, con meno vincoli, perché è francamente bellissima.
Il mezzo digitale ci ha consentito di lavorare per la massima pregnanza e la massima bellezza che potevamo raggiungere: abbiamo trovato in rete le immagini di uno dei più grandi artisti dell'illustrazione, Arthur Rackham, che avendo lasciato questo mondo più di settant'anni fa, ci ha consentito di farlo senza pagare diritti d'autore che non avremmo potuto sostenere.
Per quanto riguarda la nostra nuova versione della storia abbiamo raccolto l'eredità dei migliori narratori, scegliendo quel che ci pareva più efficace per carezzare l'anima del nostro pubblico e spargere semi di senso che possano germogliare quando ci sarà bisogno di fiori e frutti, chissà quando. Stiamo parafrasando Bruno Bettelheim, che ha scritto sulle fiabe dopo aver scoperto che i bambini di cui si prendeva cura le ascoltavano con interesse, mentre restavano indifferenti a ogni altro tipo di storie. Si distingue una fiaba da un altro tipo di racconto se raccontarla è come spargere semi, come ci ha insegnato lo psicoanalista tedesco che ha vissuto e lavorato negli US dopo essere scampato a un campo di concentramento. Non si sa se e quando germoglieranno, e il narratore non sarà lì a verificare i frutti della sua passione di raccontare: proprio questo distingue un processo generativo o fecondo: avviene senza che chi lo produce o lo ospita pretenda di conoscerne o dominarne gli effetti.
Adalinda Gasparini